In un mondo dove la spiritualità sembra avvicinarsi sempre di più alla cultura del “mostrare” e del “proclamare,” si nasconde una trappola sottile ma profonda: l’ego spirituale. Questo ego, mascherato da illuminazione, rischia di allontanare dalla vera essenza del percorso spirituale, separando chi è su un cammino interiore da quella che dovrebbe essere la sua meta più autentica: l’umiltà e il radicamento nella realtà.
Molti maestri e guide spirituali, pur con intenzioni genuine, finiscono talvolta per ergersi su un piedistallo invisibile, guardando i propri seguaci dall’alto. Questa posizione crea una distanza e una gerarchia che può sembrare in contrasto con i principi che la spiritualità dovrebbe promuovere. La vera spiritualità non separa, non crea divisioni, né suggerisce una superiorità basata sull’esperienza o sui traguardi personali. Piuttosto, essa invita a una vicinanza, una condivisione autentica e una celebrazione dell’umanità in tutte le sue sfaccettature.
L’Illusione dell’Ego Spirituale:
L’ego spirituale si manifesta quando il percorso spirituale viene usato come mezzo per confermare la propria importanza. Si tratta di un fenomeno paradossale: più si proclama di essere in contatto con il proprio sé interiore, più ci si allontana dalla realtà di quella stessa connessione. Questo atteggiamento, che all’apparenza si veste di autenticità, crea in realtà una separazione dall’umanità e da chi ancora cerca il proprio percorso, perché il maestro o il guru si pone come una figura da ammirare anziché come un esempio con cui rispecchiarsi.
L’ego spirituale si nutre di paragoni e di quella sottile illusione di essere “oltre.” Un vero percorso spirituale, però, non ha nulla a che vedere con una gerarchia o con una competizione. È, piuttosto, un processo di integrazione e un ritorno all’umiltà, quella stessa umiltà che permette di riconoscere e apprezzare la bellezza della vita nel suo aspetto più semplice e imperfetto.
La Magia della Spiritualità Autentica
La vera magia, sta nel rimanere radicati nella realtà. Invece di volare lontano da essa, la vera spiritualità consiste nell’abbracciare la nostra unicità, integrandola con tutto ciò che ci circonda. È il saper riconoscere la sacralità della vita, cogliendone le sfumature anche nelle sue sfide e nelle imperfezioni, e nel trovare gratitudine e bellezza nell’ordinario.
Essere autenticamente spirituali significa accettare che ogni passo del cammino non è altro che un invito a essere qui, con tutto ciò che comporta. Significa non rifiutare il mondo che ci mette alla prova, ma invece riconoscerne la profondità, la bellezza, e, soprattutto, accogliere la sacralità della vita. Perché è proprio quando si resta radicati nella propria umanità che si scopre la vera connessione spirituale, quella che non divide e non si proclama, ma che unisce e accoglie.
Il Coraggio dell’Umiltà
Trovo autentico e profondo il coraggio di chi, nonostante i traguardi raggiunti, sa spogliarsi del proprio orgoglio e tornare all’umiltà di un allievo. Essere autenticamente spirituali implica riconoscere che non si smette mai di imparare, che la crescita è un processo continuo e che ogni giorno è un’opportunità per scendere dal piedistallo e unirsi alla danza dell’umanità.
L’ego spirituale porta con sé la tendenza a chiudersi in una visione di sé superiore, di un “oltre” da raggiungere o da mostrare. La vera crescita, invece, risiede nella capacità di celebrare la grandezza degli altri, di guardare con gioia e senza invidia i traguardi altrui, perché chi è realmente in pace con il proprio sé non ha bisogno di mettersi su un piedistallo.
Essere Pieni di Sé, per Dare agli Altri
Essere pieni di sé non significa esserne sopraffatti, ma avere quella pienezza interiore che si può dare agli altri. Quando si è colmi di autenticità e di presenza, il dare diventa naturale, senza mai perdere il contatto con la propria vera natura. In un mondo spesso attratto dal “materialismo spirituale,” dove anche la libertà rischia di trasformarsi in una scusa per evitare ogni responsabilità, il vero potere sta nel coltivare un’umanità piena e autentica, che nutre e che non divide.
Alla fine, ciò che conta non è la distanza che si riesce a creare tra sé e gli altri, né il numero di traguardi raggiunti. Alla fine, ciò che conta è la capacità di essere gentili, di scendere dal piedistallo, di baciare la terra, lasciarsi sporcare i capelli e immergersi nella vita. Solo così possiamo unirci, insieme, alla danza collettiva, quella danza che appartiene a tutti noi, al di là di ogni ego o separazione