
C’è un riflesso che manda in tilt le relazioni: l’ego chiama l’ego. Un tono ironico accende la tua difesa. La tua replica accende la sua. E in pochi secondi siete intrappolati nel circolo vizioso della reazione: io mi irrigidisco → tu ti irrigidisci → nessuno ascolta, tutti “vincono”.
Quando nasce un po’ di consapevolezza, spunta anche una tentazione sottile: “glielo faccio notare: sta parlando il suo ego”. Quasi sempre è benzina sul fuoco. Perché? Perché l’ego vive di identificazione: se lo nomini, si sente minacciato e reagisce. E nel farlo, spesso attiva anche il tuo: “io vedo meglio”, “io sono più consapevole”.
La via breve secondo la mia visione: ignora l’ego altrui, presidia il tuo stato. Non è passività: è maestria interiore. Quando non alimenti il gioco, il gioco finisce.
Come riconosci l’ego (nel corpo, prima che nelle parole)
- Tensione in mandibola, spalle, stomaco.
- Respiro corto e bisogno di “l’ultima parola”.
- Pensieri assoluti: “sempre”, “mai”, “è ovvio”, “non capisci nulla”.
- Visone a tunnel: perdi curiosità, vuoi solo avere ragione.
Questi segnali dicono che sta guidando il sistema associativo–simpatico (attacco/fuga). Il lavoro non è “educare l’altro”, ma riportare te nel sistema percettivo–parasimpatico (presenza, ascolto, scelta).
Il protocollo dei 10 secondi (interrompe la catena)
- Respiro–ancora: inspira 4, pausa 2, espira 6. Mano al cuore o pollice–indice.
- Nome interno: “Qui c’è ego che reagisce. Scelgo spazio.”
- Micro-scelta: a) Taccio; b) Faccio una domanda; c) Metto un confine gentile.
Se non sei certo di cosa dire, scegli il silenzio. È già relazione che non alimenta l’ego.
Tre risposte che disinnescano (pronte all’uso)
1) Silenzio consapevole Sguardo morbido, respiro lungo. “Capito.” (Stop).
- Funziona quando l’altro ha solo bisogno di scaricare.
- Eviti la lotta per lo scettro della ragione.
2) Domanda che sposta dall’ego al bisogno “Qual è la cosa importante per te, qui?”
- Porta dal giudizio al bisogno (chiarire, essere considerato, tempi, rispetto).
- Attiva la parte percettiva dell’altro.
3) Confine gentile “Ti ascolto volentieri, ma non con questo tono. Riprendiamo tra 10 minuti, ok?”
- Non è fuga: è cura della qualità del dialogo.
- Comunica Amore (per te e per la relazione), non superiorità.
Le Quattro Frequenze nella pratica quotidiana
- Amore → Presidio di sé: “Mi parlo con rispetto, metto confini chiari.”
- Gioia → Tono e micro-sorriso: alleggerisci senza sminuire.
- Gratitudine → Registro il bene: “Grazie per questo punto chiaro.”
- Perdono → Lasciare la presa: “Non mi serve avere ragione adesso; mi serve capire.”
Esempi concreti (micro–scene)
In riunione (frecciatina su di te)
- Respiro–ancora. “Capisco; la tua preoccupazione è rispettare le scadenze, corretto?”
- Se continua: “Parliamone a due, 15 minuti più tardi.” (Confine gentile)
In famiglia (accusa generica: “Non ci sei mai”)
- “Mi stai dicendo che ti manco? Dimmi quando avresti bisogno di me.” (Dal giudizio al bisogno)
Al telefono (tono aggressivo)
- “Per continuare ho bisogno di un tono civile. Se preferisci, ci risentiamo tra mezz’ora.” (Confine + rispetto)
Allenamento 7 giorni: “Non alimento l’ego”
- Mattino (1’): frase-identità
- Durante il giorno (30’’): ogni volta che senti il picco, fai il protocollo 10’’.
- Sera (2’) – Diario breve:
- Dove non ho alimentato l’ego?
- Cosa ho sentito nel corpo?
- Cosa ripeto domani identico?
Cose da evitare (anche se ti “prudono”)
- “Questo è il tuo ego che parla.” (lo farai esplodere).
- Le diagnosi spirituali (“alza la vibrazione”, “non sei consapevole”).
- La crociata della ragione: quando vinci, perdi la relazione.
Mantra di campo (brevi e potenti)
- “Spazio prima di risposta.”
- “Curiosità sopra certezza.”
- “Confine gentile è amore in azione.”
- “Non serve l’ultima parola.”
Ignorare l’ego altrui non è indifferenza: è intelligenza relazionale. Rimani presente a te stesso, respira, scegli una risposta che mantiene viva la relazione senza tradire te. In poco tempo, noterai due effetti: meno conflitti inutili e più autorevolezza calma.
Non perché gli altri cambino subito, ma perché tu smetti di giocare il gioco dell’ego. E quando uno smette di alimentarlo, il gioco finisce.


